Fondazione Sebastiano Crimi

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Tatuaggi  ed effetti sulla salute: rapporto sulla tossicità dei pigmenti nella pratica della decorazione dermica permanente. 

60milioni i cittadini europei tatuati, il 12% della popolazione totale del continente (tabella1) con tendenza al raddoppio nel caso di adolescenti, soprattutto ragazze: un fenomeno di massa che andrebbe indagato non solo dal punto di vista igienico, ma anche e soprattutto dal punto di vista chimico-biologico-medico e conseguentemente regolamentato.

Uno degli aspetti che andrebbe particolarmente attenzionato è la sicurezza degli inchiostri usati per la realizzazione di tatuaggi e trucchi permanenti in quanto, le sostanze in essi contenute, sono destinate a restare nel corpo umano per lungo tempo. La maggior parte degli inchiostri e pigmenti da tatuaggio e trucchi permanenti non sono fatti per essere utilizzati specificatamente sotto cute, spesso sono colori industriali come vernici per automobili o colori per la stampante e ad oggi manca una vera e propria legislazione rigorosa,  nessun regola codifica l’elenco delle materie prime consentite e sono pochi i produttori che rilasciano idonea documentazione.

Il tatuatore dovrebbe essere in grado di ottenere le informazioni sulle caratteristiche dei pigmenti e il consumatore dovrebbe essere consapevole dei rischi a cui va incontro per una reale decisione informata. Pur accettando la grande professionalità del tatuatore che rispetta tutte le norme igieniche, (confezioni monouso sia per l’inchiostro stesso sia per l’ago utilizzato,) una volta in loco, i pigmenti contenuti negli inchiostri, dei quali, ripetiamo, non esiste una tabella, non essendo materiali inerti  possono avere un grado di tossicità o addirittura dar luogo a reazioni di degradazione, con produzione di nuove sostanze anch’esse potenzialmente tossiche.

Il punto è che l’attuale percezione del rischio da tatuaggio si basa soprattutto sulle informazioni ricevute dal tatuatore, da amici, parenti o da fonti sul web e riguarda soprattutto, specialmente tra i giovani, gli aspetti legati al rischio d’infezioni, sottovalutando i più subdoli effetti indesiderati a lungo termine.   Recenti studi del 2016 del Joint Research Center (vedi PDF), dell’istituto Superiore di Sanità, dell’Istituto Dermatologico San Gallicano hanno individuato più di 100  coloranti usati negli inchiostri con altrettanti  additivi caratterizzati  da una bassa purezza dei pigmenti, in quanto essi, in generale, non sono prodotti in modo specifico per essere inoculati nel derma ne’ sono autorizzati  per la preparazione di  cosmetici. La FDA statunitense non ha mai autorizzato nessun colore da tatuaggio né come farmaco né come cosmetico.

La maggioranza dei coloranti (80%) sono molecole organiche; più del 60% di esse appartengono alla categoria degli azo-pigmenti e possono dar luogo al rilascio di ammine aromatiche primarie potenzialmente cancerogene, mutagene e  tossiche per la riproduzione soprattutto in seguito alla foto attivazione sia dei raggi UV che Laser.  Quest’eventualità  non  è così remota in quanto può venire innescata dall’esposizione della pelle ai raggi solari o dall’irraggiamento con laser a cui spesso si sottopone chi ha dei tatuaggi soprattutto per la depilazione. Da uno studio italiano del 2009, ancora valido, (Forte G., Petrucci F, Cristaudo A., Bocca B. Marcket survey on toxic metal contained in tattoo inks Sci Total Environ. ) analizzando diverse marche di vernici e pigmenti di uso comune nella pratica del tatuaggio  sono stati individuati metalli tossici come cadmio (Cd), mercurio (Hg) e piombo (Pb) e metalli allergenici come cobalto (Co), Cromo (Cr) e nichel (Ni) questi ultimi alla concentrazione di 1,0 ppm, ben oltre la soglia suggerita come limite sicuro per i consumatori esposti a metalli allergenici attraverso la pelle.

Oltre quindi alla ben nota tossicità di metalli come Hg, Pb, e Cd  è evidente che l’esposizione a lungo termine a tali livelli di metalli, come avviene per un tatuaggio che dura tutta la vita, probabilmente è una causa di sensibilizzazione e sensibilizzazione crociata (per es. quando coesistono nello stesso pigmento diversi metalli allergenici Ni + Cr). Un discorso a parte meriterebbe il Cr esavalente notoriamente cancerogeno. In definitiva gli effetti indesiderati da tatuaggio sono prima di tutto delle lesioni dermatologiche temporanee correlate al normale processo di wound healing, (post-intervento) come  l’insorgenza d’infezioni batteriche o virali segnalate dal 5 % delle persone tatuate e  correlata alla mancanza d’igiene delle procedure ed effetti indesiderati a lungo termine.

Uno studio epidemiologico realizzato in Italia dal sistema di sorveglianza Seieva negli anni 2010-14  ha mostrato una forte associazione tra il tatuaggio e la comparsa di epatite acuta B o C. Altri studi come il rapporto JRC  hanno  correlato la pratica del tatuaggio come body art  a possibili allergie acute e all’ipersensibilità indotta a lungo termine dagli ingredienti degli inchiostri, in particolare quelli rossi o neri. Il rapporto sottolinea come tali complicazioni possano insorgere anche a distanza di decenni dall’esecuzione del tatuaggio, e potrebbero essere legate anche a patologie autoimmuni. Nel 5-15% dei casi si possono avere problemi di pigmentazione della pelle, in particolare nelle persone che ricorrono al laser per la rimozione del tatuaggio.  Il rapporto sottolinea anche che “il rischio di cancro (della pelle) da procedure di tatuaggio  non sia mai stato ne’ provato ne’ escluso”.

Qui di seguito una serie di immagini di reazioni avverse da tatuaggio:

I colori, i metalli e la loro concentrazione limite ottimale

Da esperimenti precedenti è stato dimostrato che gli individui reagiscono raramente a livelli inferiori a 10 ppm di Co, Cr, Ni. Sulla base di queste informazioni, è consigliabile che i pigmenti non contengano più di 5.0 ppm dei suddetti metalli di transizione e che per un livello ancora maggiore di protezione, considerando le ampie parti di superficie corporea soggetta, in alcuni soggetti politatuati, il livello soglia di sicurezza dovrebbe essere 1,0 ppm. Se i prodotti soddisfacessero questa linea guida sarebbe estremamente improbabile la possibilità di induzione delle allergie. Purtroppo in tutte le campionature i livelli dei metalli in questione sono ben sopra il valore soglia ottimale. Qui di seguito un elenco dei più comuni pigmenti.

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Nero.  Il nero naturale è ottenuto da magnetite e wustite (Ossido di ferro) o carbonio amorfo dalla combustione. Altre fonti sono rappresentate dall’inchiostro India (contenente carbonio in particelle) e legna da ardere che viene estratta dalla pianta Haematoxylum campechisnum (contenente Cr). Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, sono stati  riportati casi  di un paziente con granulomi sarcoide nell’area di un tatuaggio nero e l’analisi chimica del pigmento ha rivelato alte quantità di Fe, Co, Ni e Cr.

Blu.  I pigmenti blu  includono il carbonato di rame (II) (azzurrite), il silicato di alluminio di sodio (lapis lazuli), il silicato di rame di calcio (Azzurro egiziano), la ftalocianina di rame, ossidi di alluminio di cobalto e ossidi di cromo. Gli inchiostri a base di rame sembravano essere più stabili e meno tossici rispetto ai pigmenti a base di cobalto, infatti orticaria e reazioni pseudolimfomatose erano tutte attribuite ai Co-composti. Dalle analisi di vari campioni di inchiostro blu si rileva un’alta concentrazione di Cr da 1,1 ppm a 3,3 ppm, di Ni oltre 1,0 ppm  e impurezze di Cd e Co .

Marrone. L’ocra è il componente del pigmento marrone. L’ocra è composta da ossidi di ferro mescolati con l’argilla. I metalli trovati nel colore marrone sono il Pb circa 8 ppm ed elementi allergenici Co 6,4 ppm; Cr 147 ppm; Ni 9,6 ppm

Verde. Per la produzione di pigmenti verdi si utilizzano principalmente l’ossido di cromo e sali di rame (Cu-Ftalocianina e malachite), cromato di piombo (giallo cromato), Ferro-ferrianuro (blu prussiano). Il Cr contenuto questo pigmento è stato responsabile della sensibilizzazione cutanea conosciuta come dermatite herpetiforme o eczematosa e pseudolimfomato.

Grigio. Il pigmento grigio deriva di solito dal carbonio  e può essere considerato un’ombra di nero. Generalmente ha un basso livello di metalli, ad eccezione di Cr (0,7 – 2,0 ppm) e Ni in un campione (1,1 ppm).

Arancio. L’arancio può essere considerato una tonalità di rosso.

Rosso. Il colore rosso è il colore più spesso associato allo sviluppo di patologie cutanee come pseudolinfomi  e lichenoidi ; la colorazione rossa è di solito dovuta al solfuro di mercurio; In alternativa viene usato il solfuro di cadmio, l’ossido di ferro (ruggine). Il Cr è il metallo di transizione allergenico più importante contenuto negli inchiostri rossi come componente principale ( da 1.1Ppm – 4,6 ppm),  Cd, Co, Hg, Ni e Pb sono in tracce.

Viola. Il comune sale metallico usato per i colori viola nei tatuaggi contiene manganese. Le malattie  della pelle dovuta a questo elemento sembrano essere piuttosto rare anche se sono stati diagnosticati casi di eritema e granuloma cutaneo nella regione viola dei tatuaggio.

Giallo.  Il pigmento giallo è ottenuto con il solfuro di cadmio. La caratteristica di questo composto è la proprietà fotoconduttiva marcata. Per questo ragione possono avvenire reazioni di sensibilizzazione cutanea come gonfiore a causa di reazioni fototossiche, quando gli inchiostri gialli sono esposti alla luce solare o irragiamento laser a seguito alla sensibilizzazione crociata con le alte concentrazioni di Cr contenute nei pigmenti

Bianco. I pigmenti bianchi sono oggi derivati dal biossido di titanio naturale presente nell’ambiente come anatasio o rutilio. Questi composti sono stati usati stato  per sostituire l’adozione di altri Sali come il solfato di bario e il carbonato piombo più tossico o il piombo bianco. Solo il Cr è stato trovato a valori 2 ppm.  55

Leggi e proposte di legge

L’attuale normativa europea è largamente frammentata, nonostante la Risoluzione ResAp (2008) 1 del febbraio 2008 che indicava una serie di linee guida per la valutazione della sicurezza dei tatuaggi. Sono solo dieci i Paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Norvegia, Olanda, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Liechtenstein) che hanno pienamente recepito tali indicazioni nella propria normativa; l’Italia lo ha fatto solo parzialmente e soprattutto per ciò che riguarda le norme igieniche dei laboratori da tatuaggio e la  formazione degli operatori. La frammentazione del quadro legislativo e normativo fa si che inchiostri vietati in alcuni paesi europei possano essere trovati liberamente in commercio in altri. In Italia  il testo legislativo di riferimento è ancora la Circolare del 5 febbraio 1998 del ministero della Sanità e il relativo chiarimento del Consiglio superiore di sanità del luglio 1998. Nel 2013 è stato proposto in Senato un buon disegno di legge (n°771/2013) a firma del presidente FOFI (federazione ordine dei farmacisti italiani) , senatore Andrea Mandelli,  per normare più nello specifico il settore dei tatuaggi, piercing e trucco permanente, purtroppo ancora in attesa di esame (vedi PDF) dove tra l’altro si introducevano delle tabelle con le sostanze vietate e con dei limiti di salvaguardia. Alcune Regioni, vedi Regione Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Trentino alto Adige, etc. etc. hanno implementato leggi ad hoc per regolare la formazione dei tatuatori e altri aspetti specifici dell’attività, ancora una volta in modo molto frammentato e senza uniformità di approccio.

 

CONCLUSIONI 

Tutti gli studi sottolineano l’urgenza di sviluppare  procedure di sorveglianza del mercato e metodi analitici dedicati e armonizzati per l’analisi degli inchiostri usati per i tatuaggi, che potrebbero derivare da metodi già in uso per altri tipi di prodotti ad esempio farmaci e cosmetici. Di conseguenza appare evidente la necessità di aggiornare le norme sulle sostanze, colori, pigmenti e additivi  nonché  sulla loro etichettatura e tracciabilità, concordando altresì sull’ importanza di disporre di good manufacturing practices per la produzione degli inchiostri e di linee guida per la valutazione del rischio ad essi associato. Tra gli aspetti più importanti di tale valutazione deve essere considerata la fototossicità, il livello di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione, oltre alla determinazione del derived no effect level (Dnel). Un approccio conservativo, suggerito in attesa di dati precisi, potrebbe consistere nell’esclusone dalla formulazione degli inchiostri degli azo-pigmenti contenenti ammine aromatiche primarie classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione. Una migliore conoscenza sul destino delle sostanze nel corpo umano dovrebbe essere ottenuta tramite studi epidemiologici mirati, nonostante i costi elevati, con studi prospettici di coorte suggeriti per investigare la correlazione con il potenziale cancerogeno. Un altro punto importante su cui intervenire sarebbe rappresentato dall’informazione al consumatore che potrebbe avvenire anche all’interno delle farmacie, o nelle scuole con il supporto dei farmacisti e medici dermatologi con la realizzazione di campagne informative indirizzate soprattutto ai giovani che puntino alla scelta informata.

Allegati:

 

RIFERIMENTI

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